La serata delle emozioni, quelle che non ti aspetti, o meglio, che, al massimo, riesci ad immaginare, ma hai paura di metterle a nudo.
Il Perugia è ai play off ed è tutto vero, perché il doppio miracolo si è materializzato, quello in cui pochi ancora credevano, al massimo tenevano in un angolo del proprio cuore e che sembrava svanito appena cinque giorni fa. Un miracolo in cui hanno, senza ombra di dubbio, creduto fino in fondo Massimiliano Alvini e i suoi ragazzi, senza dimenticare lo Staff e la Società che molto si è adoperata per far sì che tutto il gruppo rimanesse coeso nella partita più difficile dell'anno. Quella contro il lanciatissimo Monza di Galliani, ieri avvistato in Corso Vannucci che già pregustava un sicuro successo e dei suoi duemila tifosi che, a suon di clacson, pensavano di aver vinto già facile. Ma ieri sera ad attenderlo c'era il Perugia dei tempi migliori, quello che, quando alza i ritmi di gioco, non ce n'è per nessuno o quasi e che dà tutto fino all'ultima goccia di sudore per raggiungere il proprio obiettivo. Proprio come, qualche tempo fa, aveva preannunciato il suo condottiero una volta ottenuta la salvezza in tasca; un'impresa che i Grifoni si sono costruiti grazie ad un percorso di crescita sul piano tecnico e caratteriale per tutta la stagione grazie a prestazioni importanti. Meno fortunate tra le proprie mura, ma senza mai deludere sul piano dell'impegno, nemmeno in quelle due scellerate partite contro Como e Pordenone, a cui si era aggiunto, in ultimo, Terni. Già, il derby. Facile ora ragionare con i se, affermare che, se il Perugia avesse giocato al "Liberati" con la stessa fame di ieri sera messa in campo contro Dany Mota e compagni, probabilmente, l'esito sarebbe stato diverso. Ma, in fondo, anche questo è il bello del calcio, l'imponderabilità, la non scontatezza di un risultato, la capacità di reagire anche a situazioni che sembravano dettate dal Fato e, dunque, insovvertibili, come in casa contro il Benevento, o a Brescia. Oppure quando si è, letteralmente, cestinata una vittoria, al "Curi" contro la Spal, da cui ha avuto origine un mini periodo in cui i Biancorossi hanno, purtroppo, raccolto il minimo sindacale e sembravano allontanarsi da un traguardo che, nonostante tutto, rimaneva ancora lì, a tre punti di distanza.
Si, perché, se il Perugia sembrava aver smarrito la capacità di ingranare le marce alte, le altre non è che stessero proprio volando; sia quelle che si contendevano la A diretta, che quelle che sopravanzavano il Perugia di quel tanto che sembrava bastasse per ambire, fino in fondo, ad ulteriori orizzonti.
È indubbio che, con le due sconfitte consecutive, il Frosinone abbia dilapidato un bottino che pareva una garanzia sufficiente per coltivare sogni di gloria, come l'anno scorso capitò al Padova; tuttavia è altrettanto realistico immaginare le squadre che si affrontano nell'arco di un campionato come impegnate ad una gara di atletica. E chi arriva fino in fondo è chi è riuscito a combinare meglio tutti i fattori in ballo.
Il gol di Ferrarini, a una manciata di minuti alla fine, ricorda tanto quello di Bianchimano a Salò, un urlo di liberazione che ha risvegliato appartenenza e peruginità assopite in tutti i presenti. E il tripudio finale vale molto di più di quello che si possa pensare, è il segno che nulla può essere precluso a priori se vi si crede e può avere un significato molto più ampio di quanto si possa immaginare. Più del preliminare che, tra una settimana esatta, attenderà i Grifoni proprio laddove venne loro sottratto, ingiustamente, molto. Forse uno scherzo del destino, di sicuro un'occasione di riscatto che, se colta, aprirebbe nuovi scenari.
Sì, è proprio vero e doveva ricordarcelo un tecnico venuto dai campi di periferia e che ora non continuerà a dormire la notte per studiare che tipo di formazione schierare. Perugia si ama e si deve amare sempre. A prescindere da tutto.


Per Perugia2005News Alessio Torzuoli

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