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20/05/2023 - 11:31
L'ANGOLO DEL DOPO PERUGIA - BENEVENTO: IL GRIFO È NEL BARATRO. CRONACA DI UNA "MORTE"ANNUNCIATA. E ORA?
L'ANGOLO DEL DOPO PERUGIA - BENEVENTO: IL GRIFO È NEL BARATRO. CRONACA DI UNA "MORTE"ANNUNCIATA. E ORA?
Un punto, uno stramaledetto punto condanna il Perugia alla Lega Pro, la seconda in tre anni ed è ancora il Brescia a recitare la parte del carnefice. Ma stavolta fa male, molto più dello scorso anno, quando solo, evidentemente, decisioni "soprannaturali" hanno impedito ai Grifoni di sfiorare un sogno che sarebbe stato meritato. Stavolta, con altrettanto merito, dopo un campionato iniziato male e finito peggio, i Biancorossi sono colati a picco riuscendo nell'impresa di raccogliere la miseria di sei punti nelle ultime nove partite. Era davvero difficile riuscire a totalizzare un bottino così scarno, indubbiamente un record negativo che va ad aggiungersi a quello delle diciannove sconfitte su altrettante diciannove volte in cui il Perugia è passato in svantaggio. Numeri da brividi, cui, francamente, è arduo trovare una giustificazione plausibile se non nella scellerata gestione di un'annata in cui sono stati commessi tutti gli errori che si sarebbero potuti commettere. Un gruppo di "bravi"ragazzi che non ha saputo creare quell'amalgama necessaria per essere una vera squadra, una famiglia, come disse qualcuno, che, pur con evidenti carenze tecniche, soprattutto dalla cintola in su, potesse credere di raggiungere davvero quell'obiettivo troppe volte sbandierato. Anche con una certa supponenza e sfrontatezza, che, se le si fossero messe in campo, forse, a quest'ora, la miseria di un punto in più per giocarsela ai playout o, addirittura, di quattro per la salvezza diretta, li si sarebbero potuti raggiungere senza problemi.
Ma nel calcio, in quello che resta di uno sport ormai invaso da un milione di interessi economici, di torbidume e di squali di grossa taglia, è ancora valido che il modo di scendere in campo di undici calciatori sia il riflesso di chi li guidi o dovrebbe guidare dalla panchina e di chi tenga le redini della Società per cui giocano. E, quando tutte le componenti che ruotano attorno al rettangolo verde effettuano scelte non corrette, la fine è, probabilmente, già scritta. È inevitabile che sia così, poi potrebbe pure accadere che possa verificarsi l'imponderabile o qualcosa di miracoloso che dia un'impennata inattesa, ma non sempre tutte le ciambelle riescono con il buco e questa orribile stagione ne è il frutto più evidente.
Con grande dolore, perché a pagare, come sempre, è la passione dei tifosi, dell'immenso cuore del popolo del Perugia che anche ieri sera era al "Curi" per spingere chi indossava quelle gloriose maglie. Che fosse un'annata, quanto meno, difficile, lo si era percepito sin dalla prima partita di Palermo, quando un Perugia in versione infradito e crema solare, faceva una figura barbina, lasciando intendere che ci fosse ancora moltissimo da lavorare. E pensare che sarebbe bastato così poco per migliorare un organico che, appena tre mesi prima, lottava per ben altri traguardi. Ma, privati di quel condottiero, andato, senza fortuna, per altri lidi, non rimpiazzando adeguatamente le falle scoperte, anzi riempiendole con giocatori finiti, inadeguati e, forse, demotivati, oltretutto in modo tardivo, ecco che non si sarebbe potuto ambire ad un bel nulla. Nonostante che il torneo abbia, poi, rivelato di non essere, in fin dei conti, quella serie A2 come si pensava.
Hanno deluso tutti, senza esclusione di nessuno, a partire dal vertice della fragile piramide biancorossa all'ultimo degli inservienti. Un piano fallimentare sotto tutti gli aspetti, nonostante i tanti bla bla bla venuti a raccontare in sala stampa dai vari protagonisti, una comunicazione unilaterale che, a ripensarci ora, fa esplodere solo rabbia e delusione. Ebbene sì, la B era un patrimonio, assolutamente, da preservare, per mille ragioni, ma per farlo non ci si sarebbe dovuti arrampicare sugli specchi, bensì investire e programmare, senza lasciare nulla all'improvisazione.
È vero, servono ingenti capitali al giorno d'oggi, anche se non sempre possederne è garanzia di successo, leggasi Como e Pisa, ma occorre, quanto meno, competenza e, anche in questo caso, i risultati ottenuti ne sono la testimonianza più lampante. È stato deleterio ridursi a sperare di poter salvare le penne all'ultima giornata, proprio quando accadono le cose, calcisticamente, più strane, proprio quando non tutto dipende da te e l'auspicio, adesso, è che l'essere tornati all'inferno della terza categoria possa servire, quanto meno, a rendersi conto sull'unica cosa da farsi.
Il giocattolo è rotto e lo stadio, in attesa che il Comune consulti le carte e faccia le proprie valutazioni, ne è il perfetto emblema. Chi è al comando non può non tener conto di questo e fare le giuste riflessioni. Il Perugia ha bisogno di essere totalmente rifondato, di rinascere come una fenice, perché occorre restituire dignità ed orgoglio ad una tifoseria che, nonostante i magoni ingoiati, tra pochi mesi, sarà di nuovo lì, al proprio posto, a prescindere dalla categoria.
Per Perugia2005News Alessio Torzuoli
Ma nel calcio, in quello che resta di uno sport ormai invaso da un milione di interessi economici, di torbidume e di squali di grossa taglia, è ancora valido che il modo di scendere in campo di undici calciatori sia il riflesso di chi li guidi o dovrebbe guidare dalla panchina e di chi tenga le redini della Società per cui giocano. E, quando tutte le componenti che ruotano attorno al rettangolo verde effettuano scelte non corrette, la fine è, probabilmente, già scritta. È inevitabile che sia così, poi potrebbe pure accadere che possa verificarsi l'imponderabile o qualcosa di miracoloso che dia un'impennata inattesa, ma non sempre tutte le ciambelle riescono con il buco e questa orribile stagione ne è il frutto più evidente.
Con grande dolore, perché a pagare, come sempre, è la passione dei tifosi, dell'immenso cuore del popolo del Perugia che anche ieri sera era al "Curi" per spingere chi indossava quelle gloriose maglie. Che fosse un'annata, quanto meno, difficile, lo si era percepito sin dalla prima partita di Palermo, quando un Perugia in versione infradito e crema solare, faceva una figura barbina, lasciando intendere che ci fosse ancora moltissimo da lavorare. E pensare che sarebbe bastato così poco per migliorare un organico che, appena tre mesi prima, lottava per ben altri traguardi. Ma, privati di quel condottiero, andato, senza fortuna, per altri lidi, non rimpiazzando adeguatamente le falle scoperte, anzi riempiendole con giocatori finiti, inadeguati e, forse, demotivati, oltretutto in modo tardivo, ecco che non si sarebbe potuto ambire ad un bel nulla. Nonostante che il torneo abbia, poi, rivelato di non essere, in fin dei conti, quella serie A2 come si pensava.
Hanno deluso tutti, senza esclusione di nessuno, a partire dal vertice della fragile piramide biancorossa all'ultimo degli inservienti. Un piano fallimentare sotto tutti gli aspetti, nonostante i tanti bla bla bla venuti a raccontare in sala stampa dai vari protagonisti, una comunicazione unilaterale che, a ripensarci ora, fa esplodere solo rabbia e delusione. Ebbene sì, la B era un patrimonio, assolutamente, da preservare, per mille ragioni, ma per farlo non ci si sarebbe dovuti arrampicare sugli specchi, bensì investire e programmare, senza lasciare nulla all'improvisazione.
È vero, servono ingenti capitali al giorno d'oggi, anche se non sempre possederne è garanzia di successo, leggasi Como e Pisa, ma occorre, quanto meno, competenza e, anche in questo caso, i risultati ottenuti ne sono la testimonianza più lampante. È stato deleterio ridursi a sperare di poter salvare le penne all'ultima giornata, proprio quando accadono le cose, calcisticamente, più strane, proprio quando non tutto dipende da te e l'auspicio, adesso, è che l'essere tornati all'inferno della terza categoria possa servire, quanto meno, a rendersi conto sull'unica cosa da farsi.
Il giocattolo è rotto e lo stadio, in attesa che il Comune consulti le carte e faccia le proprie valutazioni, ne è il perfetto emblema. Chi è al comando non può non tener conto di questo e fare le giuste riflessioni. Il Perugia ha bisogno di essere totalmente rifondato, di rinascere come una fenice, perché occorre restituire dignità ed orgoglio ad una tifoseria che, nonostante i magoni ingoiati, tra pochi mesi, sarà di nuovo lì, al proprio posto, a prescindere dalla categoria.
Per Perugia2005News Alessio Torzuoli
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